Da estimatore di Tolkien (non tolkieniano, non sono così esperto) e da insegnante di inglese (che quindi con le traduzioni ha a che fare, e che ritiene che sia la cosa più difficile che si possa fare con una lingua), la questione della nuova traduzione del Signore degli Anelli mi ha appassionato non poco. Qui trovate quelle che secondo me sono le parole definitive sulla questione: https://www.lucaricatti.it/nuova-traduzione-de-il-signore-degli-anelli/. Mi permetto di aggiungere qualche piccola riflessione in ordine sparso.
Nell’articolo sopra si fanno osservare un paio di cose che non ho letto nemmeno negli articoli dell’AIST o di Wu Ming tipo: la famosa “traduzione della Alliata” è stata profondamente rivista da Quirino Principe. Da quello che ho capito, la Alliata non ha protestato ne ha gridato al complotto per riposizionare Tolkien in salsa LGBT (no, non linkerò l’intervista a Il Giornale in cui c’è questa dichiarazione su cui evito di aggiungere commenti. Se volete, cercartela da soli) in quell’occasione e non credo che ci siano stati convegni presieduti dall’equivalente dell’epoca di Gasparri che rivendicavano l’intoccabilità della traduzione Astrolabio. Quindi come la mettiamo? Qual è la traduzione che va difesa? O – forse – non sarà mica che la difesa è quella di una tradizione (magari con la T maiuscola), non di una traduzione?
Dei vari articoli che ho letto che criticano il lavoro di Ottavio Fatica, pochissimi entrano nel merito della prosa e vanno oltre lo strepito per “I NOMI!!!1!!111!” o per “la musicalità” della poesia dell’anello. La prima versione della poesia dell’anello (quella di Vittoria Alliata prima della revisione) è TOTALMENTE diversa dall’originale e da quella “musicale” che tutti (anche io) abbiamo letto e amato. E qui esibisco la prova numero 1:
Tre Anelli per i Re Gnomici
Che dominano nell’eternità,
Sette per i Principi dei Nani
Che nei manieri di pietra sono,
Nove per i Miseri Uomini
Destinati alla mortalità,
L’Unico per l’Oscuro Signore
Seduto sull’oscuro trono
Nella Terra di Mordor
Dove l’Ombra incombe.
L’Unico Anello per dominarli,
L’Unico Anello per trovarli,
L’Unico Anello per afferrarli
E vincolarli nell’oscurità
Nella Terra di Mordor
Dove l’Ombra incombe.
Quindi, chi o cosa custodiscono i custodi della “traduzione originale”?
Storiella personale: ho letto il Signore degli Anelli la prima volta quando avevo dieci anni, l’ho riletto in inglese quando uscirono i film, ne ho letto parte con i miei figli un paio di anni fa e ho letto La Compagnia dell’Anello nella nuova traduzione. Fin dalla prima volta, ho avuto problemi con i nomi italiani (ho sempre odiato Gran Burrone) e, quando lessi il testo originale mi ritrovai dentro un racconto in cui si sentiva la potenza e la bellezza della parola e della li tua. La successiva rilettura in italiano della vecchia traduzione mi è sembrata piatta e pesante, priva della musica intrinseca di Tolkien: quando ho scoperto la questione del raddoppio degli aggettivi, ho capito il motivo. In italiano leggevamo molte parole in più, che Tolkien non aveva scritto e non aveva voluto, ma che erano messe lì perché era uno stilema di Dante. Tutto bene, ma il romanzo sarebbe di Tolkien…
Questa nuova traduzione restituisce a Tolkien qualcosa di più simile alla sua voce, per quanto sia possibile nel passaggio da una lingua a un’altra. Magari con un gusto per il termine desueto, ma di sicuro più vicino all’originale di prima. Nei momenti in cui il tono si alza (alcune poesie, i momenti con protagonisti gli elfi), la lettura diventa veramente bella. Se l’autore usa registri diversi, è dovere di un traduttore rispettare questi registri, e questo Fatica lo fa, la Alliata e Principe no. E questo vale anche al di là di scelte linguistiche e di nomi tutte criticabili, ma tutte altrettanto giustificate. C’è pochissimo da dire.
Tutti noi che abbiamo letto Tolkien siamo affezionati alla versione con cui lo abbiamo conosciuto. È inutile negarlo. Tutti noi dovremmo anche capire che però il nostro gusto (o, ancora di più, la nostra nostalgia della gioventù) non dovrebbero essere il criterio con cui valutare un lavoro che deve essere tecnico e artistico. Ci dovremmo basare su altro, credo.
Mi fa impressione una cosa che ho notato spulciando le recensioni di Amazon: le recensioni negative sono, per la maggior parte, brevissime, senza la dicitura “acquisto verificato” e, in molti casi, scritte nei primissimi giorni dopo l’uscita del libro. C’è qualche conclusione da trarre da questo, mi sa…