9 settembre 1956: Elvis Presley si esibisce all’Ed Sullivan Show. Viene inquadrato solo dalla vita in su per evitare che il pubblico in televisione veda i suoi scandalosi ancheggiamenti. L’esibizione viene seguita da circa 60 milioni di spettatori. 9 febbraio 1964: sempre all’Ed Sullivan Show si esibiscono i Beatles, appena sbarcati negli Stati Uniti. Stavolta gli spettatori sono circa 73 milioni. Si tratta di due career-defining moments, due momenti che segnano un prima e un dopo nella carriera di un artista o di una band.
Quella di oggi è proprio la storia di un momento come questo. I protagonisti sono quattro ragazzi che fino a quel momento avevano avuto un discreto successo di critica e di pubblico, ma che non avevano ancora raggiunto la fama e l’importanza che credevano di meritare. Si tratta di dodici minuti che valgono un’intera carriera, dodici minuti in cui convergono la capacità di questi quattro ragazzi di intuire l’importanza del momento, la loro feroce determinazione e l’enorme capacità scenica e di coinvolgimento del cantante, che riesce a trasformare un momento che poteva essere terribilmente smaccato in uno dei momenti più alti del rock.
In poche parole, questa puntata parla dell’esibizione live perfetta. Che, come è facile immaginare, ha bisogno anche di una canzone come questa.
È una canzone perfetta perché segna un taglio netto con quello che questi quattro ragazzi avevano fatto fino a quel momento.
È una canzone perfetta perché se vuoi diventare la più grande rock band del pianeta, ti serve un pezzo così.
È una canzone perfetta perché ci vuole una canzone perfetta per creare un momento intimo e intenso in uno stadio pieno e con il mondo intero che ti guarda.
La canzone perfetta di oggi è Bad degli U2.
Bad è la settima traccia di The Unforgettable Fire, il quarto album degli U2, pubblicato il 1 ottobre 1984. Non è mai stata pubblicata come singolo, ma è una delle canzoni più famose della band di Dublino, e secondo i dati di u2gigs.com è la tredicesima canzone più suonata dal vivo, con 562 performance al dicembre 2020. The Unforgettable Fire è un album fondamentale per la carriera degli U2 perché segna un radicale cambio di direzione dal punto di vista musicale. Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen, Jr. avevano iniziato a suonare insieme nel settembre del 1976 quando erano studenti alla Mount Temple School, una scuola multiconfessionale del North Side di Dublino. Il loro primo singolo era stato pubblicato nel 1979 e il loro primo album, Boy, era uscito nell’ottobre del 1980. Nei due anni successivi, Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen, Jr. fanno uscire uscire atri due album, October e War, che oltre al favore della critica, iniziano a far conoscere il loro nome al anche al grande pubblico e a costruire la fama di band dalla forte etica e dall’impegno indiscutibile. Canzoni come Sunday Bloody Sunday, che apre War, sono il manifesto del pacifismo che gli U2 sbandierano a tutti in un periodo che gli storici definiscono “di riflusso”, in cui l’impegno civile stava passando in secondo piano dopo la stagione delle lotte e delle ideologie degli anni ’70. E quando parlo di “sbandierare”, intendo che lo facevano nel vero senso della parola: durante i concerti Bono sventolava una bandiera bianca che simboleggiava la non violenza anche di fronte alle ingiustizie più gravi. E sono proprio le esibizioni dal vivo che contribuiscono in modo decisivo a diffondere il nome degli U2: anche oggi, dopo oltre quarant’anni di carriera, gli U2 sono una favolosa live band, e Bono ha molto a che vedere con questo. La sua è ormai diventata una delle voci più famose della storia del rock, ma non è solo per questo che i live degli U2 sono sempre memorabili. Si tratta di concerti che spesso vanno oltre la musica: l’intensità del coinvolgimento e l’interazione tra band e pubblico rendono i concerti dei quattro dublinesi quasi unici, sicuramente indimenticabili. Questa puntata racconterà proprio una delle esibizioni più iconiche della band. Ma prima serve un po’ di contesto.
I primi due elementi che creano questo contesto sono Brian Eno e Daniel Lanois. Si tratta di due figure fondamentali perché hanno reso gli U2 la più grande band degli anni ’80 e ’90. È il loro contributo a trasformare una band con una grande intensità, ma con un suono tutto simile ad altre in qualcosa di totalmente diverso. La prima cosa che fanno i due produttori è ripensare del tutto le modalità di scrittura e di registrazione degli U2. Prendono la band e la spostano dagli studi di Windmill Lane allo Slane Castle alla periferia di Dublino, un ambiente con spazi molto più grandi e più adatti all’improvvisazione. E iniziano proprio a lavorare sulla composizione delle canzoni, basandole su lunghe jam session, a cui poi viene data una forma definitiva e che prendono la struttura di canzone. È un cambiamento decisivo, soprattutto per la chitarra di The Egde, che diventa una specie di tavolozza che serve per spargere colore e atmosfera, più che lo strumento di un rocker classico. Daniel Lanois insegna al chitarrista a sfruttare al meglio il delay, creando un suono che diventa una firma della band, e che sarà imitato da tantissimi. In The Unforgettable Fire Edge abbandona quasi completamente la distorsione e usa la sua chitarra per creare, più che delle tracce ritmiche o soliste, una specie di tessitura astratta. Per quanto riguarda Brian Eno, in U2 by U2, Bono scrive: “Ogni grande rock band della British Invasion ha frequentato la scuola d’arte. Noi no, noi abbiamo frequentato Brian. Il suo è stato un grande atto di generosità. Quelle sequenze arpeggiate che si sentono in Bad e poi in The Joshua Tree, sono lui. È stato un catalizzatore per il nostro songwriting, ci ha permesso di allontanarci dai colori primari del rock verso un altro mondo dove potevamo davvero descriverci in quello che ci accedeva intorno. È stato monumentale.”
Bad nasce in questa situazione. Parte da un’improvvisazione di Edge che sfrutta il delay per creare un suono astratto e sospeso, su cui il basso di Adam Clayton e la batteria di Larry Mullen costruiscono un sottofondo che accompagna e sostiene il pezzo senza essere invasivo o soverchiante. Come al solito, la differenza la fa Bono, con la sua voce e il suo testo. “Una canzone registrata con Bono e una registrata senza di lui possono essere due cose completamente diverse,” dichiara Larry Mullen. Bad rappresenta alla perfezione il metodo di lavoro di quel periodo: di solito Bono improvvisava tracce vocali durante le jam session cantando suoni più che parole (Daniel Lanois chiama questo linguaggio bongolese) per cercare una melodia e una forma al testo, poi si metteva a scrivere le parole, spesso con tempi molto ristretti per la fretta di “chiudere” il pezzo. Bad è proprio questo. Il testo è costituito da una serie di immagini più o meno astratte con cui Bono cerca di descrivere la sensazione dell’eroina, ma senza mai giungere a una vera e propria conclusione o a una risoluzione. Ancora Bono: “Bad è una gigantesca promessa di una canzone. Un mio amico molto stretto aveva buttato al vento la sua intelligenza e le sue doti con l’eroina. Potenzialmente, è una gran canzone, se l’avessi finita! E, in un certo modo, la finisco dal vivo ogni sera. Cambio le parole.”
Bad diventa quasi da subito uno dei momenti più affascinanti dei concerti degli U2: la canzone si allunga e cambia forma, con Bono che sfrutta al meglio la potenza della sua voce per sottolineare i momenti più intensi. Per la prima volta, gli U2 usano dei sequencer per eseguirla dal vivo: gli U2 non hanno mai voluto musicisti aggiunti sul palco (a parte la band di B.B. King durante il Lovetown Tour), ma le canzoni di The Unforgettable Fire hanno bisogno di qualcosa in più rispetto al suono di chitarra, basso e batteria. Inoltre Bono sfrutta la semplicità della base armonica per aggiungere snippet, cioè pezzetti di altre canzoni: è una cosa che ha sempre fatto, ma con Bad questa pratica raggiunge un nuovo livello. All’inizio del pezzo o dopo la prima volta che canta I’m not sleeping, inserisce da un verso a un paio di strofe. Le risorse più informate segnalano che quasi 60 canzoni sono state citate da Bono e che il record di snippet per una sola serata è di sei. Tra i più citati ci sono Satellite of Love di Lou Reed, Walk on the Wild Side dei Velvet Underground e Simpathy for the Devildei Rolling Stones, che sono proprio i pezzi che Bono canterà nell’esibizione di cui voglio parlare.
E questo mi porta al secondo elemento del contesto, in cui matura l’esibizione perfetta di Bad. Nel 1984 le immagini della terribile carestia che aveva colpito l’Etiopia fanno il giro del mondo. Le scene di disperazione colpiscono tutti e gli artisti decidono di attivarsi per cercare di alleviare la situazione. Tra i più attivi in Inghilterra c’è l’irlandese Bob Geldof, già cantante dei Boomtown Rats e attore nella versione cinematografica di The Wall diretta da Alan Parker. La sua idea è mettere insieme un supergruppo di cantanti e musicisti inglesi e irlandesi, incidere una canzone e donare i proventi in beneficenza per cercare di alleviare la situazione. Il risultato è Do They Know it’s Christmas?, pubblicato con il nome di Band Aid, il singolo più venduto della storia della musica inglese fino al 1997. A realizzarlo, oltre a Geldof, ci sono Duran Duran, Spandau Ballet, Culture Club, Bananarama, Phil Collins, Paul Young, Sting e molti altri. Ci sono anche gli U2, rappresentati da Bono e Adam Clayton. Subito dopo, America, Michael Jackson e Lionel Ritchie mettono su un’operazione simile e incidono We Are The World con tutto il meglio della musica americana del momento, a eccezione di Madonna. I due singoli sono un enorme successo a livello commerciale, e contengono anche qualche grande momento musicale, come il duetto tra Bruce Springsteen e Stevie Wonder nella canzone americana, ma non basta: Geldof vuole fare ancora di più. SI mette allora a organizzare un evento di proporzioni enormi: Un concerto che si svolgerà a Wembley e al John Fitzagerald Kennedy Stadium di Philadelphia con tutto il meglio della musica. È il Live Aid, uno dei più grandi eventi della storia della televisione, andato in scena il 13 luglio 1985 di fronte a 72.000 spettatori a Londra, quasi 90.000 a Philadelphia e ai telespettatori di 110 paesi nel mondo.
Live Aid è stata una operazione enorme per l’epoca sia dal punto di vista organizzativo, sia da quello tecnico. Wikipedia elenca tutta una serie di problemi di trasmissione e di audio durante le due esibizioni, come un’interruzione di circa due minuti durante l’esibizione di Paul McCartney, ma il risultato finale è comunque uno dei concerti più ricordati della storia. E nonostante tutto la giornata vide dei grandi momenti di musica, e anche momenti molto meno grandi. Tra i primi, i Queen misero insieme quella che nel 2005 venne votata come la migliore esibizione dal vivo della storia del rock da una giuria di artisti. Anche le esibizioni dei Dire Straits con Sting, dello stesso Sting con Phil Collins e di David Bowie sono di solito incluse nel meglio della giornata. Phil Collins fu anche il protagonista di una delle trovate mediatiche migliori: dopo la sua esibizione a Londra si fece portare in elicottero a Heathorw, salì sul Concorde, che lo portò a New York in poco più di tre ore, prese un altro elicottero e suonò anche a Philadelphia, da solo e come batterista nella prima reunion dei Led Zeppelin dalla morte del batterista John Bonham. Ecco, proprio questa esibizione è una delle più criticate dell’intera giornata, tanto che la band inglese non ha voluto includerla nel DVD dell’evento.
L’esibizione degli U2 inizia alle 5.20 ora di Londra, subito dopo che Bryan Adams ha aperto il concerto di Philadelphia con un set travolgente. Hanno 20 minuti di tempo e la loro scaletta prevede tre canzoni. In quel momento nessuno al di fuori del gruppo – e forse nemmeno al suo interno – sa che stanno per fare un passo decisivo per diventare delle vere e proprie rockstar. Quando Jack Nicholson li introduce non sono dei totali sconosciuti: avevano già avuto tre singoli nella top ten inglese e un album al numero 1, ma in America erano ancora abbastanza ignoti. A vedere il DVD del concerto, durante tutte le esibizioni precedenti si vedono sempre almeno un paio di bandiere con il loro nome che sventolano nelle prime file di Wembley. Ogni volta che ne parlerà nelle interviste successive, Bono riderà sempre del suo look, stivali neri con un tacco piuttosto pronunciato, pantaloni di pelle e un mullet da manuale con tanto di colpi di sole biondi. La prima canzone è Sunday Bloody Sunday, il loro più grande successo, e già durante questo pezzo si comincia a intuire che qualcosa sta per succedere: Bono si agita e si muove su tutto il palco, seguito da Greg Carroll, roadie della band e amico di Bono, che morirà in un incidente stradale l’anno successivo e a cui sarà dedicata One Tree Hill, che si occupa con una certa fatica di evitare che il cavo del suo microfono si impigli in qualche ostacolo, compreso Adam Clayton, che a un certo punto deve abbassarsi per farlo passare. Al termine della canzone, Bono dice: “Siamo una band irlandese. Veniamo da Dublino. Come tutte le città, Ha le sue cose belle e le sue cose brutte,” in inglese: It has its good and its bad. “Questa canzone si chiama Bad.” È l’inizio di una esibizione memorabile, che cambia la grammatica di un evento come il Live Aid e, soprattutto, cambia la carriera degli U2 per sempre. Sul sito americano di Rolling Stone si trova una cronaca secondo per secondo di quegli 11 minuti e 56 secondi. All’inizio, Bono inserisce uno snippet di Satellite of Love di Lou Reed, poi interpreta il pezzo con l’intensità che gli è tipica, cercando di coinvolgere il pubblico. La svolta avviene, sempre secondo l’articolo, al minuto 6:09. Per spiegarla, è necessaria un po’ di topografia del Live Aid: il palco era stato costruito molto alto rispetto al prato di Wembley per permettere immagini migliori e aveva sul davanti una sorta di passerella leggermente ribassata dove si trovavano i fotografi e i cameramen per le riprese televisive. Questo ovviamente creava una certa distanza tra i cantanti e il pubblico. Alcuni artisti avevano già sfruttato questa passerella per cercare di avvicinarsi ai fan, come Paul Young, ma Bono fa un passo successivo.
In U2 by U2 il cantante dichiara che voleva sfruttare quel concerto per creare un “momento televisivo” e la situazione era ideale: gli U2 erano il primo gruppo a suonare da Londra dopo l’inizio del concerto di Philadelphia, quindi davanti alla TV c’era non solo il pubblico europeo, ma anche quello americano. Dopo aver lasciato cadere il microfono (con un rumore che si sente distintamente), il cantante si lancia sulla piattaforma davanti al palco e comincia a indicare qualcuno in mezzo alla folla. Sembra aver visto che alcune ragazze in prima fila sono in difficoltà e Bono sta cercando di indicare ai ragazzi della sicurezza di tirarle fuori. Vengono estratte le sorelle Melanie ed Elaine Hills, che vengono poi portate verso la piattaforma, ma Bono non ha ancora finito. Vede un’altra ragazza apparentemente in difficoltà, la quindicenne Kal Khalique: eccolo, il momento televisivo. La ragazza non è una fan degli U2. È in prima fila per vedere i Wham! Bono la indica a quelli della sicurezza, che però non capiscono a cosa si riferisca il cantante. Alla fine scavalca la ringhiera della passerella e salta giù, senza sapere che c’è un dislivello di un paio di metri abbondanti. Atterra sul terreno fangoso ed estrae Khalique, la abbraccia e accenna con lei un lento, poi la bacia su una guancia e si avvia verso una scala per risalire sulla passerella. Qui ritrova le sorelle Hills, le abbraccia, le bacia e infine riprende il microfono e torna a cantare. Nel frattempo Edge, Adam Clayton e Larry Mullen hanno continuato a suonare senza vedere il cantante e senza sapere cosa stesse succedendo, tanto che iniziavano a chiedersi se Bono non avesse abbandonato il palco. Tra quando Bono lascia il microfono e quando ricomincia a cantare passano circa due minuti e mezzo, un’eternità per un pezzo rock. Da quel momento, Bad diventa una cavalcata trionfale, con Bono che mette tutta l’intensità di cui è capace nei suoi versi, e che coinvolge l’intero stadio con gli snippet di Ruby Tuesday, Sympathy for the Devil e Walk on the Wild Side, modificando il testo per citare la città di Londra e ottenere un altro applauso dalla folla. Sempre seguendo la cronologia di Rolling Stone, Bono abbandona il palco al minuto 11 e 30 mentre il resto degli U2 sta continuando a suonare. Trenta secondi dopo, l’immagine sfuma sull’elicottero che sta portando Phil Collins a Heathrow. La terza canzone prevista in scaletta, Pride, non viene suonata.
Subito dopo l’esibizione, gli U2 hanno un’accesa discussione: Edge, Clayton e Mullen se la prendono con Bono perché ritengono che abbia esagerato. La sua scena gli ha impedito di suonare la terza canzone in scaletta e li ha lasciati da soli sul palco senza sapere cosa fare. Il cantante teme addirittura di essere cacciato dal gruppo. Scopriranno solo il giorno dopo che quella rottura del rigido protocollo della manifestazione ha reso quei dodici minuti indimenticabili. E sta proprio lì il motivo per cui oggi parlo di Bad: quel salto di Bono in mezzo al fango è servito per annullare la distanza che c’era tra il pubblico e gli artisti e riportare un evento di portata mondiale a un livello più umano. Perché se è vero che tutto il mondo stava guardando Londra e Philadelphia, è anche vero che le telecamere e tutta l’attrezzatura legata alla trasmissione televisiva in qualche modo mettevano gli artisti su un piedistallo, li rendevano intoccabili e separati da tutti gli altri. Bono ha simbolicamente ricucito questa separazione con un gesto semplice, che ha rotto il protocollo rigido e un po’ snob del Live Aid (e di quasi tutti i concerti, per la verità).
Il 13 luglio 1985 è stato uno dei momenti fondamentali della carriera degli U2: da quel giorno Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen, Jr. sono diventati delle celebrità a livello mondiale grazie alla loro musica e grazie anche a un gesto con un forte valore simbolico, il cui messaggio è stato chiaro a tutti fin da subito. “Non siamo diversi e quello che facciamo è qualcosa che potete fare anche voi, non solo nella musica, ma anche nell’impegno sociale.” Il salto di Bono e il suo balletto con Kal Khalique rappresentano l’essenza di quello che sono stati gli U2 prima di diventare gli U2 come li conosciamo, e che, con alterne fortune, hanno cercato di continuare a fare fino a oggi con la tecnologia: una favolosa band live, che voleva essere diversa dalle altre perché voleva che il pubblico fosse parte non solo dello spettacolo, ma della band stessa. E quel giorno, per due minuti e mezzo, la band fu tutto il mondo.